Siccità come combinazione di due anomalie

25 Maggio 2023

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Luca Mercalli non è solo un meteorologo, un climatologo e un divulgatore scientifico: è anche, e forse soprattutto, fautore fin dalla prima ora delle energie rinnovabili. Vanta, con giusto orgoglio, un numero di registrazione al primo conto energia intorno al 420 (adesso si dovrebbe essere oltre al milione) e la sua prima auto elettrica, alimentata dal fotovoltaico della propria abitazione e con cui ha fatto più di 110 mila chilometri, risale al 2011.

Green Company Magazine in una lunga conversazione ha cercato di approfondire le problematiche della siccità, quali eventuali interventi potrebbero essere utili e quale il ruolo delle energie rinnovabili.

Il 2022 è stato per l’Italia l’anno più caldo e siccitoso dal 1800, da quando i dati vengono raccolti dal CNR-ISAC di Bologna.

“È vero perlomeno per quanto riguarda la serie italiana ed è confermato anche da altre stazioni meteorologiche della pianura padana. Una siccità che ha il suo apice, come anomalia statistica, soprattutto nel nord ovest italiano, in particolare Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta a cui si è aggiunto anche il Veneto. La massima anomalia però la abbiamo a Torino, dove la serie di dati di pioggia inizia nel 1802 e mai abbiamo avuto un periodo così asciutto. La siccità è cominciata nel dicembre 2021 e non è ancora terminata, siamo oramai a sedici mesi”.

È tutto riconducibile direttamente al cambiamento climatico?

“È un sintomo che rientra nei nuovi rischi generati del cambiamento climatico. È però una combinazione di due anomalie. Questa siccità è resa ancora più gravosa per l’aumento della temperatura associato. È la siccità con la temperatura più elevata della storia: già avere poca acqua è un problema ma avere poca acqua con una temperatura più calda della media genera maggiore evaporazione, quindi i problemi aumentano. Una catena che si amplifica. Ci sono state siccità gravi anche in passato, non come questa in termini di durata però vicine a questa, ma mai con temperature così elevate quindi la combinazione caldo asciutto è veramente inedita.

Per il caldo non ci sono dubbi che è da attribuire al cambiamento climatico, che non per niente si chiama riscaldamento globale. Quindi sulla temperatura zero dubbi per l’attribuzione al cento per cento al riscaldamento globale recente di causa umana. La siccità in sé non lo sappiamo, nel senso che sicuramente una componente è dovuta alla differenza di transito delle perturbazioni che il riscaldamento globale sta provocando sul pianeta, però non è una cosa che possiamo stabilire con precisione. Di sicuro la combinazione asciutto e temperature elevate non ha uguale, quindi la consideriamo senz’altro come effetto del riscaldamento globale”.

Qualcuno dice che se si riscalda il pianeta, aumentano le temperature, si forma più vapore acqueo, si formano più nuvole e piove di più.

“Non è una nuova teoria. È fisica da primo anno, anzi fisica da liceo, ed è verissimo. Chi lo dice però non capisce il clima e la usa male. È vero che evapora più acqua dagli oceani ma questa acqua non cade poi in modo omogeneo sul pianeta, altrimenti dovrebbe piovere sul deserto. Il vapore, una volta che ha raggiunto l’atmosfera, deve trovare le condizioni opportune per condensarsi e diventare pioggia. Se queste condizioni non ci sono, come sui deserti, la pioggia non cade. Il vapore si muove con i venti rimanendo in forma gassosa sulle zone desertiche per poi ricadere in altre aree magari in forma violenta. Questo è sempre successo, dipende dalla circolazione degli anticicloni e delle depressioni. Sui deserti ci sono degli anticicloni permanenti, non si possono formare le nuvole e non si forma la pioggia, quindi la maggior quantità di acqua che evapora dagli oceani per il caldo segue strade e perturbazioni che la portano solo in alcune regioni. Qualcuno ne riceverà anche di più, qualcuno ne riceverà di meno o addirittura meno di quella che riceveva prima, come nel nostro caso. Da tre anni nel nord Italia le precipitazioni sono sotto media. Non è detto che rimangano così perché Italia, Mediterraneo e Alpi sono zona di contatto a margine di certe strutture meteorologiche soggette a fluttuazioni. Adesso abbiamo un periodo di anni secchi esaltato in particolare dal caldo ma può anche darsi che tra tre anni ricominci a piovere abbondantemente e dovremo poi parlare di alluvioni. Poi è chiaro che se l’anticiclone del Sahara per il riscaldamento globale si gonfia così tanto da invadere per mille chilometri l’Europa, allora diventa tutto un deserto”.

Che cosa si può fare a livello governativo ma anche del singolo cittadino?

“Intanto questi sono sintomi che non vanno sottovalutati perché sappiamo che il riscaldamento globale proseguirà, tanto o poco. L’accordo di Parigi dice che se fermiamo le emissioni riusciamo a contenere l’aumento della temperatura di due gradi entro fine secolo e che se non le fermiamo la temperatura aumenterà di quattro gradi. La strada è segnata, le condizioni peggioreranno in ogni caso, speriamo di farle peggiorare solo di due gradi. Questa è l’unica forchetta di azione che abbiamo. Le politiche di decarbonizzazione sono in ritardo di oltre trent’anni e lo stiamo pagando. Non si può tornare indietro, si può solo ridurre il danno. Dobbiamo attrezzarci perché questi fenomeni in futuro diventeranno più frequenti e più intensi. Se invece non facciamo niente, come adesso, diventeranno molto più frequenti e molto più cattivi, abbiamo solo una gradazione di livello di danno.

Se guardiamo la realtà in questo momento siamo lontanissimi da quanto previsto dall’accordo di Parigi: abbiamo una guerra praticamente in casa che fa più emissioni di quanto faceva il mondo prima; ogni volta che si stabiliscono delle regole per diminuire gli sprechi energetici non vanno mai bene, anche visto che l’Italia ha votato contro negli ultimi due provvedimenti europei sulle macchine elettriche e sulla classificazione energetica a basso consumo delle case. Se il medico ti dice che devi fare una dieta e tu rispondi che la rinvii al prossimo anno resterai con i tuoi problemi”.

I problemi continueranno…

“I danni possono essere piccoli o grandi. Attrezzarsi vuol dire che nel breve termine, purtroppo, non si può fare quasi niente. Nei due mesi che mancano all’estate non è certo possibile costruire dighe e canali oppure riparare le enormi perdite degli acquedotti. La seconda estate consecutiva senza acqua potrebbe essere qualcosa di inedito nella nostra storia. Si possono fare solo degli atti di tipo normativo per mettere d’accordo i vari utenti dell’acqua tenendo conto delle priorità: l’acqua potabile e quella sanitaria al primo posto, seguita da quella per industria, agricoltura e energia idroelettrica. Tre grandi comparti che devono dividersela con l’agricoltura che in genere ne vuole e ne consuma di più. Bisogna capire che l’acqua non la puoi inventare quando non c’è. Si parla molto dei dissalatori, chi ne parla non fa mai i conti con l’energia che serve per produrre l’acqua. Un dissalatore può andare bene per l’acqua da bere ma non per irrigare milioni di ettari di terreni. Servono almeno 3 kWh di energia elettrica per fare un metro cubo d’acqua. Non si può dissalare l’acqua per un uso così estensivo. Per fortuna, salvo piccoli casi locali per via di acquedotti malfatti, in Italia non siamo ancora alla necessità di acqua per bere da dissalazione”.

Si sono sollevati dubbi sull’effettivo beneficio delle auto elettriche.

“Da qualche parte bisogna cominciare. Sono un guidatore elettrico puro da 12 anni, la mia auto si ricarica con i miei pannelli solari quindi sicuramente ad emissioni zero. Certo, serve poi un atto politico sullo smaltimento delle batterie ma l’Europa lo ha già fatto. L’auto elettrica può certamente dare una mano: un’auto elettrica caricata con energie rinnovabili serve mentre una caricata con energia proveniente da centrali a carbone non serve a nulla. Le auto elettriche sono anche più efficienti, 95 per cento al mozzo della ruota contro il 25 per cento, al massimo, di quelle termiche. Poi dipende sempre da come hai prodotto l’energia. Per fortuna i produttori di energia non stanno fermi. In questo momento c’è un aumento della quota di rinnovabili sulle reti. Quindi anche chi non ha i pannelli userà una quota parte di energia rinnovabile proveniente dalla rete. In Italia siamo già al 33 per cento, in anni cui l’idroelettrico ha dato poco per la siccità.

Possiamo dire che siamo intorno al 35 per cento di rinnovabili. Solare ed eolico stanno crescendo. Le rinnovabili sono la parte più importante per poterci togliere dai fossili. Proprio per questo occorre elettrificare quanto più possibile per poter alimentare con energia rinnovabile. Anche i biocombustibili, almeno quelli prodotti dagli scarti agricoli, dalle deiezioni animali e dai rifiuti, al momento non sono sufficienti a coprire il parco macchine italiano. Andranno a coprire settori che non è possibile elettrificare, come l’aviazione. Gli aerei costeranno di più e saranno usati solo se necessario ma, se si vuole decarbonizzare, saranno alimentati da biocombustibili che, comunque, sono pochi se prodotti da materiali di scarto e inefficienti se prodotti da coltivazioni apposite per un semplice problema di rendimento della fotosintesi: una foglia ha un rendimento da quello che arriva dal sole pari allo 0,5 per cento, un pannello fotovoltaico a parità di superficie ha il 20 per cento. Ad oggi il biocombustibile non può sostituire l’auto elettrica. L’elettrificazione però richiede vent’anni”.

Il futuro…

“Tornando ai provvedimenti che si possono mettere in atto: se ogni volta che c’è un provvedimento concreto che va a colpire qualche interesse si alzano gli scudi. Come raggiungiamo l’accordo di Parigi se non c’è mai nulla che va bene? Le cose che possiamo fare a breve sono poche. A lungo termine la siccità si risolve con una visione a vent’anni: nuovi bacini di accumulo, canali, riparazioni delle reti esistenti e a livello individuale per esempio l’obbligo di avere la cisterna per raccogliere le acque piovane. Sono tutte cose già dette trent’anni fa ma non si è voluto ascoltare, si è negato anche il cambiamento climatico. Le stesse scuse usate vent’anni fa per i pannelli fotovoltaici si sentono oggi per l’auto elettrica e tutti i provvedimenti indirizzati al cambiamento”.


Luca Mercalli (Torino, 1966), climatologo, master in scienze della montagna all’Université de Savoie-Mont-Blanc, direttore della rivista Nimbus, presiede la Società Meteorologica Italiana, associazione nazionale fondata nel 1865. Si occupa di ricerca su climi e ghiacciai alpini, insegna sostenibilità ambientale in scuole e università in Italia (Università di Torino-SSST), Svizzera e Francia e la pratica in prima persona, vivendo in una casa a energia solare, viaggiando in auto elettrica e coltivando l’orto. È stato consulente dell’Unione Europea e consigliere scientifico di ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Per RAI ha collaborato a “Che tempo che fa”, “Scala Mercalli”, “TGMontagne” e Rainews24. Editorialista per Il Fatto Quotidiano, ha lavorato prima a La Repubblica e poi a La Stampa ed ha al suo attivo migliaia di articoli e oltre 2800 conferenze. Tra i suoi libri: Filosofia delle nuvole (Rizzoli), Viaggi nel tempo che fa (Einaudi), Prepariamoci (Chiarelettere), Non c’è più tempo (Einaudi), Il clima che cambia (BUR), Salire in montagna (Einaudi), il libro per bambini Uffa che caldo (ElectaKids) e il fumetto Il tuo clima (TataiLab).


Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 10) – vedi anche tutti i numeri della rivista

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