Investire nelle rinnovabili conviene? Uno studio di Aceper lo spiega

17 Febbraio 2025

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La riflessione nasce da una recente dichiarazione di Trump secondo il quale, prima di pensare alle rinnovabili, occorre raggiungere l’indipendenza energetica.

Ma una ricerca dell’associazione che riunisce 10.000 impianti di produzione di energia pulita dimostra che non è proprio così…

Ad aprire il dibattito, una dichiarazione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per il quale, prima di pensare alle energie rinnovabili, occorre raggiungere l’indipendenza energetica. Un’affermazione che lascia però aperti numerosi interrogativi: fino a che punto è intelligibile puntare tutto sull’auto-approvvigionamento? Non si rischia forse di trascurare una transizione energetica ormai necessaria? È corretto considerare l’indipendenza economica come l’unico obiettivo da perseguire, mentre il tempo scorre e gli effetti del cambiamento climatico diventano sempre più evidenti?

Aceper è l’associazione no profit che riunisce 10.000 impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e che ha stilato una ricerca i cui dati non lasciano dubbi: «Abbiamo fatto – spiega Veronica Pitea che di Aceper ne è il Presidente- un case study analizzando i dati oltre 500 aziende produttrici e quindi energivore e abbiamo messo a confronto un’impresa che ha investito nel fotovoltaico e una che invece non lo ha fatto. Il risultato è chiaro: la prima, grazie agli incentivi statali, all’autoconsumo e alla vendita di energia, ha contenuto i costi energetici mentre la seconda ha invece dovuto affrontare rincari senza strumenti di mitigazione».

Nel 2019, prima del Covid, l’azienda con il fotovoltaico non solo ha abbattuto i costi in bolletta ma ha ottenuto un guadagno, fra contributi e energia venduta, di oltre 45.000 euro. L’azienda senza fotovoltaico ha invece avuto una spesa secca in energia di oltre 31mila euro: «Il gap -sottolinea il Presidente di Aceper- diventa ancora più evidente nel 2022 quando l’azienda dotata di fotovoltaico ha registrato un saldo positivo, in termini di incassi, di oltre 119.000 euro, nonostante un sostanziale aumento del Pun, il Prezzo unico nazionale che è passato da 0.058 a 0.300.

L’azienda che non ha investito nelle rinnovabili ha solo speso invece all’incirca 163.000 euro. E allora, alla luce di questi dati, porrei a Trump alcune domande: se si aumentassero gli investimenti nelle rinnovabili sin da subito, non potremmo raggiungere un’indipendenza energetica green in modo più rapido e sostenibile? Potrebbe essere che il tempo e le risorse finanziarie necessarie non siano così diverse, sia che si proceda in parallelo che in sequenza?».

La retorica di Trump ha certamente acceso il dibattito sull’energia e ha diviso l’opinione pubblica. La sua affermazione, pur sembrando pragmatica, riflette un’interpretazione della geoeconomia che può risultare semplificata. Le sue argomentazioni pongono un’importante questione: i leader come Trump stanno limitando il nostro discorso? La narrativa dominante rischia di ignorare l’opportunità di esplorare soluzioni più innovative e sostenibili.

«La verità -conclude Veronica Pitea- è che, in un contesto in cui la crisi climatica e le sfide economiche si intrecciano, il dibattito sull’indipendenza energetica e le rinnovabili diventa cruciale. È facile semplificare le affermazioni di leader come Trump, ma, tuttavia, è essenziale considerare le sfide e le opportunità che entrambi gli aspetti presentano. Siamo davvero costretti a scegliere tra indipendenza economica e sostenibilità?

O possiamo lavorare per un futuro in cui entrambe le strade siano percorribili? L’enigma rimane aperto, e la necessità di un dialogo costruttivo è più urgente che mai. Investire nelle rinnovabili potrebbe non solo accelerare il raggiungimento dell’indipendenza energetica, ma anche garantire una transizione più equa e sostenibile per le generazioni future. Chiediamo dunque ai vertici di governo una riflessione su questo tema».


Vedi qui l’articolo completo di La Stampa del 14/02/2025

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